Questa, che è la terza avventura di Dupin, sembra un semplice racconto giallo, scritto con uno stile lineare, scorrevole e soprattutto comprensibile. L'identità del colpevole è nota sin dall'inizio, così come la risoluzione del caso; il fuoco del racconto è la detection, il modo in cui Dupin ottiene la lettera e le sue abilità analitiche.
La banalità del delitto è riscattata dalla detection: la volgarità della cronaca e del fatto in sè si rovescia nella dignità del racconto e della scrittura. La detection deve tener conto dell'evidenza.
L'eccesso di evidenza si mostra spesso più inaccessibile del più riposto occultamento: il mondo si presenta come un'immensa mappa di segni e di linguaggi. Verità e simulazione coincidono, superficie e profondità, secondo un procedimento intellettuale che si adatta "al caso e all'uomo" recando in dubbio ogni ipotesi di assolutezza scientista. La soluzione è un colpo di genio, un atto creativo.
Dupin si scontra con il suo doppio: non a caso il ladro è un poeta. Se fosse stato solo matematico non avrebbe ragionato affatto e sarebbe stato alla mercè del prefetto. La scienza qui è ridotta a pura credenza ed utilità empirica: è il suo limite, insieme al puro calcolo delle quantità.
Così Proust riassume efficacemente le funzioni della "metafora" cui l'artista ricorre per esorcizzare la morte, per rianimare il passato, per liberare la memoria dall'oblio.
L'analogia realizza attraverso il suo carattere insieme critico e creativo, un doppio movimento di interpretazione e simulazione. Lo stesso percorso propone l'analogia nel racconto poliziesco: momento critico e momento interpretativo.
L'indagine in effetti restaura l'ordine, ma non l'integrità preesistente: il racconto non disvela un mistero ma costruisce un enigma.
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